Il 18 giugno si aprirà a Creta il Grande Sinodo panortodosso
Il Concilio panortodosso, più correttamente chiamato il Santo e Grande Sinodo della Chiesa Ortodossa vedrà la partecipazione di vescovi da parte di tutte le chiese autocefale canoniche che compongono attualmente la Chiesa Ortodossa e precisamente: Patriarcato di Costantinopoli, Patriarcato di Alessandria, Patriarcato di Antiochia, Patriarcato di Gerusalemme, Patriarcato di Mosca, Patriarcato di Georgia, Patriarcato di Serbia, Patriarcato di Romania, Patriarcato di Bulgaria, Chiesa di Cipro, Chiesa di Grecia, Chiesa di Polonia, Chiesa di Albania, Chiesa delle terre Ceche e di Slovacchia.
Dopo alcuni decenni di preliminari e di auspicii, maturati nel corso di assemblee e di convegni panortodossi, la preparazione del concilio fu ufficialmente avviata nel 1961, per volontà dell’allora patriarca ecumenico Athenagoras: in quell’anno fu convocata la prima conferenza panortodossa di Rodi, che elaborò una prima lista di temi che il sinodo avrebbe dovuto discutere. Questi comprendevano fin dall’inizio le relazioni tra le varie chiese ortodosse, con gli spinosi problemi della giurisdizione al di là dei tradizionali territori canonici di pertinenza, i rapporti con le chiese non ortodosse, l’aggiornamento di alcuni aspetti della vita della chiesa e più in generale il ruolo della chiesa nel mondo contemporaneo.
La convocazione del concilio panortodosso è affidata al Patriarcato ecumenico, in quanto chiesa che gode di uno statuto primaziale di onore (primus inter pares) e svolge un ministero di comunione tra le varie chiese ortodosse; dallo stesso patriarcato è stata assunta anche la gestione della preparazione e del coordinamento dei lavori. A questo scopo la sede del segretariato per la preparazione del concilio è stata stabilita a Chambésy (Ginevra). Qui sono state organizzate a partire dal 1976 le conferenze pre-sinodali e le riunioni della commissione preparatoria inter-ortodossa, che hanno discusso, elaborato e varie volte modificato i documenti relativi ai temi sinodali stabiliti.
Il fatto che il Santo e Grande Sinodo sia la prima convocazione conciliare panortodossa dopo secoli, o meglio dopo più di un millennio (dal Concilio di Nicea II del 787) ovviamente non poteva non sollevare numerosi problemi di comprensione reciproca, di visione comune, di coordinamento, con tensioni irrisolte tra le varie anime dell’ortodossia. Nonostante le difficoltà crescenti, che hanno rischiato più volte di far arenare il progetto conciliare, è andata tuttavia aumentando negli anni, da parte delle menti più illuminate dell’ortodossia, la consapevolezza della necessità improrogabile di questo evento, per dare una testimonianza credibile di unità e comunione di fronte al mondo contemporaneo.
Così, ad esempio, si esprimevano Olivier Clément e Paul Evdokimov in un “Appello alla Chiesa” pubblicato nel 1971: “Oggi ogni grande evento è un evento per tutti gli uomini. La chiesa diventa un ‘piccolo gregge’, ma l’atteggiamento degli uomini nei suoi confronti è ambivalente: la disprezzano, ma attendono anche da essa gesti e parole in cui si esprima il Senso … Se dunque l’Ortodossia si raduna in concilio, il mondo intero volgerà gli occhi verso di essa in attesa di una parola di vita, di una parola essenziale rivolta a tutti”.
Dopo vari decenni di stallo, nonostante l’entusiasmo, l’impegno e la convinzione dei patriarchi ecumenici Athenagoras e Dimitrios, i lavori di preparazione hanno subito un’accelerazione solo negli ultimi anni del patriarcato di Bartholomeos, soprattutto grazie all’istituzione di una nuova forma di consultazione panortodossa, la Sinassi dei primati delle chiese ortodosse autocefale. La convocazione di tali riunioni straordinarie (iniziate nel 1992) è stata un’iniziativa dello stesso patriarca, al fine di giungere alla sintonizzazione tra le chiese ortodosse su temi di attualità o di particolare interesse interecclesiale attraverso un incontro personale e ravvicinato al massimo livello della gerarchia ecclesiastica.
Ciò di fatto ha permesso di sbloccare la situazione di immobilismo: la sinassi del 2014 ha infatti annunciato formalmente la convocazione del concilio per la Pentecoste del 2016 e all’inizio dell’anno corrente, tra il 21 e il 28 gennaio una nuova sinassi riunita a Chambésy, ha confermato la stessa decisione (modificando unicamente il luogo della convocazione: non più Istanbul, secondo il progetto originario, ma Chanià, sull’isola di Creta, presso l’Accademia teologica di Creta, situata sotto la giurisdizione del Patriarcato ecumenico); nella stessa occasione sono stati ufficialmente pubblicati i sei documenti che saranno sottoposti all’approvazione del concilio (la pubblicazione previa intende sensibilizzare l’intero corpo ecclesiale, aprendo la possibilità di discussioni e di proposte di ulteriori modifiche):
- La missione della Chiesa Ortodossa nel mondo contemporaneo;
- La diaspora ortodossa;
- L’autonomia [delle singole chiese ortodosse locali] e la modalità della sua proclamazione;
- Il sacramento del matrimonio e i suoi impedimenti;
- L’importanza del digiuno e la sua osservanza oggi;
- Relazioni della Chiesa Ortodossa con tutto il restante mondo cristiano.
Si noti che rispetto all’elenco originario sono stati espunti tre temi che non hanno raccolto la convergenza delle chiese su un documento comune:
- l’ “autocefalia” e la sua proclamazione (cioè il modo in cui una chiesa può essere dichiarata indipendente rispetto alle altre),
- i “dittici” (cioè la sequenza ufficiale delle chiese ortodosse secondo il grado di dignità)
- la questione del calendario comune (cioè la soluzione della disparità tra uso del calendario giuliano e calendario gregoriano),
Il processo di convocazione si è ufficialmente concluso con la pubblicazione dell’enciclica del patriarca Bartholomeos del 20 marzo scorso, “Sulla convocazione del Santo e Grande Sinodo della Chiesa ortodossa”. In questo testo il patriarca sottolinea l’importanza della via della sinodalità come unica via di discernimento tra verità e menzogna: “Senza decisione sinodale il discernimento tra ortodossia ed eresia non è possibile. Tutti i dogmi della Chiesa e i suoi sacri canoni recano il sigillo della sinodalità. L’Ortodossia è la Chiesa della sinodalità”. L’enciclica chiarisce che si tratta innanzitutto di dare una testimonianza di unità (“I tempi sono critici e l’unità della Chiesa deve costituire l’esempio dell’unità per l’umanità dilaniata da divisioni e conflitti”) e di compiere “un primo passo” nel cammino sinodale, cui altri potranno seguire nel prossimo futuro.
Dal punto di vista pratico, occorre ricordare che, in base al regolamento pubblicato dalla stessa sinassi dei primati del gennaio 2016, il concilio panortodosso sarà presieduto dal patriarca ecumenico, che aprirà e coordinerà i lavori. Saranno rappresentate al concilio tutte le chiese ortodosse autocefale ciascuna delle quali avrà una delegazione di 24 vescovi, che potranno però essere accompagnati da sei consultori (chierici, monaci o laici, sia uomini che donne) e da tre assistenti. Le discussioni, in plenaria o nelle commissioni separate, potranno vertere unicamente sui sei documenti pubblicati e le decisioni finali saranno prese all’unanimità: questo significherebbe che un documento, qualora non ricevesse l’approvazione di tutte le delegazioni delle varie chiese (che avranno ciascuna diritto a un voto), non sarebbe approvato.
Alle sessioni di apertura e di chiusura potranno assistere degli osservatori di altre chiese e confessioni cristiane (due gli osservatori della chiesa cattolica, e uno per ciascuno delle altre principali chiese o istituzioni ecumeniche), insieme ai giornalisti accreditati, mentre le altre sessioni saranno tutte a porte chiuse. Oltre ai documenti approvati, il concilio produrrà un “messaggio finale”, la cui stesura sarà affidata a un comitato speciale.
Questi mesi che separano la convocazione dalla celebrazione del concilio hanno già visto un grande fervore organizzativo, e un vivace dibattito è stato anche suscitato dalla pubblicazione dei documenti preparatori: in vari paesi (Grecia, Russia, Belgio, Stati Uniti) a questo scopo sono stati organizzati convegni teologici sui temi conciliari, che hanno elaborato proposte di miglioramento e di modifica, contribuendo alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica ed ecclesiale sul significato dell’evento che sta per essere celebrato. Parallelamente non sono mancate le tensioni e le reazioni negative: non solo frange conservatrici presenti in quasi tutte le chiese ortodosse hanno criticato ripetutamente le “aperture” e le “novità” presenti nei documenti sulle relazioni della chiesa ortodossa con il resto del mondo cristiano e sulla missione della chiesa nel mondo contemporaneo, ma si sono registrate anche prese di posizione negative dei sinodi di intere chiese, come quella della Chiesa ortodossa di Georgia che, dopo aver rifiutato assieme al Patriarcato di Antiochia di approvare il documento relativo al sacramento del matrimonio, ha successivamente ritirato la sua approvazione anche per il documento relativo alle relazioni ecumeniche.
Né si può dimenticare il disagio causato dalla rottura della comunione, che perdura nonostante i tentativi di ricomposizione, tra il patriarcato di Gerusalemme e il patriarcato di Antiochia a motivo della giurisdizione canonica in Qatar. Nonostante tutto, la determinazione del patriarca Bartholomeos e dei suoi diretti collaboratori e nel contempo la convinta adesione di varie altre chiese ortodosse fanno ben sperare riguardo al fatto che la grande nave del concilio, partita da lontano, possa arrivare finalmente in porto: sarà un momento storico decisivo, non solo per il mondo ortodosso, ma per tutto il mondo cristiano, come lo fu cinquant’anni fa il Concilio Vaticano II celebrato in ambito cattolico.